domenica 22 marzo 2015

Loredana Alibrandi accompagna Michael nella sua visita all’Altare Della Patria a Roma (1999)


1999
In occasione del Bad Tour in Italia, Loredana Alibrandi, è la ragazza che il 25 maggio 1988 ha avuto la grande fortuna di accompagnare il King Of pop nella sua visita all’Altare Della Patria a Roma .
"Sono trascorsi quasi undici anni da quando, nel maggio 1988, ho avuto la fortuna di conoscere di persona Michael Jackson, eppure mi sembra sia successo appena qualche giorno fa. Fino a questo momento non ho mai raccontato pubblicamente questa mia meravigliosa esperienza, ma adesso ho deciso di farlo, perché penso che niente più di un Fan Club sia indicato ed inoltre perché, in un certo senso, vorrei condividere il ricordo di quei momenti con gli altri fan.

In quel periodo mi occupavo della Tutela Monumentale: uno dei miei compiti riguardava le autorizzazioni per riprese fotografiche e cinematografiche ai vari personaggi famosi e non. Però, di solito, non accompagnavo personalmente queste persone perché non mi interessava particolarmente conoscere le celebrità; tanto è vero che il mio capo una volta mi chiese: “Ma ci sarà pure qualcuno che accompagnerebbe in visita?” ed io scherzando, gli risposi che avrei accompagnato molto volentieri solo Michael Jackson: In effetti, pur non seguendolo un granché, ho sempre creduto che fosse un grande artista, però me lo immaginavo come una persona strana, fuori dal mondo, irraggiungibile e vanitosa. E poi mi sono dovuta decisamente ricredere.

Ebbene, un giorno, in ufficio, verso la fine della mattinata, venni subito convocata dal capo che a bruciapelo e con il sorriso sulle labbra mi disse: “C’è un personaggio americano che vorrebbe visitare l’Altare Della Patria, vuole accompagnarlo?” Da premettere che io sapevo che in quei giorni Michael si trovava in Italia, anzi, a Roma, quindi capii immediatamente.

La “David Zard” aveva fatto richiesta di potergli far visitare il monumento l’indomani alle due e mezzo di pomeriggio. Questo significava che avrei dovuto organizzare tutto quanto nel giro di poche ore. Con l’aiuto di un’altra ragazza, Flavia Peroni, avvertii i Carabinieri, la Prefettura ed altre istituzioni; devo dire che fu abbastanza pesante, ma già da allora la forte emozione mi ripagava delle fatiche spese.

Il giorno fatidico arrivò prima che potessi realizzare veramente cosa mi accingevo a fare: mi sembrava di vivere in un sogno. Prima delle due ero già all’ingresso del monumento dove c’è l’Istituto Per La Storia del Risorgimento Italiano. In perfetto orario arrivò il pulmino che era bianco, con i vetri oscurati, seguito da una folla impazzita: il piano che avevamo architettato era far entrare il van all’interno e richiudere immediatamente il portone. Però evidentemente non avevamo preso bene le misure dell’entrata, perché gli specchietti si incastrarono in modo tale che il veicolo non poteva andare più né avanti né indietro.

In quel frangente ebbi un’avvisaglia da quello che avrebbe significato avvicinare Michael Jackson, ovvero mi trovai innanzi ad un muro umano urlante. Scene di isterismo ovunque, ragazzi e ragazze con cappelli, spillette, bandiere che cantavano a squarciagola: la prima cosa che mi venne da dire fu: “Oh mio Dio!”, ma ancora non era niente rispetto a ciò che mi avrebbe atteso. C’era chi si strappava i capelli, chi voleva assaltare il furgone, chi cercava di aprirlo; ovunque mi girassi vedevo scene incredibili: addirittura un signore non giovanissimo (avrà avuto circa cinquant’anni) saltava in continuazione per cercare di scorgere qualcosa tra i vetri e, contemporaneamente, mandava baci dove presumeva ci fosse Michael.
Al che urlai all’autista “Torna indietro, non se ne fa niente!”. Invece qualche istante dopo il pulmino si disincastrò e, grazie alla prontezza di riflessi di Battista Ragoni (uno dei custodi del monumento), venne fatta entrare una persona per volta e richiuse le porte.

Dopo qualche istante gli sportelli del van si aprirono: per primi uscirono le guardie del corpo (tre armadi a dodici ante), poi Louisa Grasso, (la responsabile della “David Zard Iniziative”, la quale disse “Non preoccuparti Loredana, noi ci siamo abituati”. Dopodiché vidi scendere “un fagotto”: era Michael con il viso coperto. Con lui c’erano il suo fotografo personale e la truccatrice. Ancora terrorizzato corse immediatamente nella parte opposta a quella che gli avrei dovuto far visitare, ovvero verso i laboratori, che tra l’altro non sono aperti al pubblico.

A quel punto ho gridato: “Michael! Da questa parte! E’ tutto a posto!”, poi l’ho raggiunto, mi sono presentata e gli ho dato il benvenuto a nome nostro e dello Stato italiano. Lui mi ha ringraziato ed io gli ho chiesto da dove preferisse cominciare a vedere il monumento: mi ha risposto “Fai tu!”, allora abbiamo cominciato dall’esterno.
Mano a mano che camminavamo, ho realizzato veramente cosa mi stava accadendo: fino ad allora non mi ero resa conto che Michael era lì vicino a me e mi parlava! Da quel preciso istante ho iniziato a parlare in inglese e tedesco insieme e dovetti chiedere aiuto a Luisa: “mi dispiace – dissi- ma non sono in condizioni”. Penso che tutti i fan possano comprendermi. Poi ho iniziato a fumare nervosamente: la cosa strana è che io non avevo mai fumato in tutta la mia vita!

Durante il giro ai vari piani, salimmo in ascensore; avevo una sigaretta accesa e poi rammentai che Michael non ama il fumo, così cercai di nasconderla. Il fotografo disse qualcosa che non ho capito bene, come “in America solo gli stolti fumano”, e lui ha risposto: “Invece in Italia solo le persone cretine dicono questo genere di fesserie”. Michael Jackson mi aveva difesa! Mi sembrava ancora di sognare, eppure era la realtà!
Continuammo il giro di visita. Camminando sotto il colonnato gli spiegavo i mosaici che sono in alto: ad un certo punto guardai per terra e proprio davanti a noi, a causa di lavori in corso, mancava un mattone di circa due metri! Ci siamo guardati e gli ho detto: “Ti immagini?”, e lui è scoppiato a ridere. Gli ho mostrato la tomba del Milite Ignoto, ma non ci siamo potuti trattenere più di tanto perché c’era una ringhiera d’accesso oltre la quale vi era accalcata una massa di gente che tentava di arrampicarsi. Inoltre bisogna anche dire che quella è zona militare e quindi, nel dovuto rispetto, benché fossimo scortati e autorizzati, (con noi c’era un colonnello dell’esercito).

Non potevamo rischiare “un’invasione” da parte del pubblico. Michael è rimasto molto affascinato dai Carabinieri. Luisa mi aveva detto che aveva un debole per le divise militari e che aveva espresso il desiderio di vedere Roma dall’alto, allora gli ho chiesto: “Michael, ti piacerebbe arrivare fino su in alto?”; mi ha risposto entusiasmato: “Sì, certo”. Però c’era un particolare: l’ultimo piano in realtà non si potrebbe visitare perché vi sono soltanto i cavalli ed una terrazza cinta da una ringhiera molto bassa, pertanto possono accedervi poche persone per volta.
Così, con l’aiuto di Louisa, abbiamo insistito perché Michael potesse salire sopra senza le guardie del corpo. Impiegammo parecchi minuti per convincere i gorilla a lasciarlo andare, ma, alla fine avemmo la meglio: con noi vennero il cameraman e il fotografo.
Andammo su per le scale che, essendo molto strette, permettono il passaggio di una sola persona e ci tenemmo la mano l’un l’altro per aiutarci (Michael purtroppo non la diede a me!). Mentre salivamo mi feci promettere che non si sarebbe sporto dalle ringhiere: gli feci mille raccomandazioni e lui mi assicurò che sarebbe stato tranquillo.

Appena arrivammo su cominciò a correre da una parte all’altra della balaustra affacciandosi pericolosamente! Da precisare che eravamo ad un’altezza di più di cento metri! Mi sono girata verso Louisa e le ho detto: “Mio Dio Louisa! Che fa?”. Allora l’ho chiamato, mi sono avvicinata: “Michael! Stai attento, non esporti!”. In quel momento si è girato e mi ha guardato in un modo dolcissimo e rassicurante che non dimenticherò mai: non ha detto nulla, ma ho capito dallo sguardo che voleva dirmi “Stai tranquilla, va tutto bene, voglio solo divertirmi un po’”. Non so come spiegare: negli occhi ha una dolcezza infinita. E lì ho pensato ancora una volta “MIO DIO!” e mi sono sentita morire dall’emozione.

Tra l’altro è anche una persona estremamente simpatica. Ogni tanto faceva una battuta scherzosa; per esempio si volle fare una foto vicino ad un cavallo e, inconsapevolmente mise una mano proprio sui…testicoli del destriero. Quando se ne accorse disse: “Non è che mi prendo qualche malattia?” e scoppiò a ridere. Ci godemmo il paesaggio romano per una mezz’oretta buona; volle conoscere tutti i punti principali della Capitale: Il Pantheon, I Fori Imperiali, e, grazie alla giornata limpida, riuscì a vedere anche I Castelli.

Quando siamo riscesi non ho saputo resistere alla tentazione molto forte di chiedergli un autografo. Avevo portato un blocchetto e lui ha iniziato a scrivere, (lasciando sui fogli le impronte di gesso!). Qualche istante dopo si sono avvicinate delle persone del servizio interno, una delle quali gli ha scattato una foto con il flash a due centimetri di distanza dal viso. Al che mi sono arrabbiata, perché ho reputato questa azione una mancanza totale di rispetto nei suoi confronti. Poco dopo anche le guardie del corpo ci hanno raggiunto e, probabilmente perché hanno intuito che altrimenti non lo avrebbero fatto più andar via.


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