venerdì 16 giugno 2017

Le vere malattie di Michael Jackson

Di Ritalba Mazzara
2016
Il prossimo 25 giugno saranno passati sette anni (n.d.r. 8 anni il 25-06-2017) dall’ improvvisa e tragica scomparsa di Michael Jackson, e ancora oggi molti lo ricordano come un modello musicale inimitabile cui ispirarsi. Milioni di album venduti in tutto il mondo e uno stile che ha segnato la storia del pop, della musica moderna e dell’intrattenimento.

Al di là dei suoi successi, Michael è stato anche il malato più famoso di vitiligine, con la sua pelle che diveniva via via più chiara, fino a diventare quasi trasparente. Si è avanzata l’ipotesi che la sua malattia fosse legata principalmente alla sfera psicologica, in particolare al rapporto con suo padre che, accortosi di avere fra le mani una potenziale gallina dalle uova d’oro, lo lanciò sin da piccolo sotto i riflettori, costringendolo a creare nella sua mente un mondo di fantasia, in cui restare sempre bambino. In molti hanno elaborato teorie sull’argomento, indagando ulteriori aspetti del carattere di Michael Jackson, dalle accuse mai provate di pedofilia alla ipocondria che, estremizzata dai media, fece circolare ovunque la falsa voce che Michael dormisse in una camera iperbarica per paura delle infezioni.

Quello che oggi è ormai certo è che il cantante non aveva mai tentato di schiarire la propria pelle per diventare bianco. Una notizia diffusa e ripresa nel corso degli anni, che per buona parte della pubblica opinione si è alla fine trasformata in una verità assoluta.

Invece la causa dello sbiancamento era proprio una vitiligine, confermata anche al momento dell’autopsia, che progressivamente si era estesa al viso e a quasi tutto il corpo tanto da costringere Jackson a coprirsi dal sole con guanti, mascherine, ombrelli e vistosi cappelli.
Quello che è meno noto, è che prima ancora che di vitiligine egli aveva sofferto di acne giovanile che gli aveva lasciato cicatrici profonde, e nel 1984 aveva subito un’ustione di terzo grado sul cuoio capelluto il cui esito fu una calvizie permanente al centro della testa per cui gli era stato inserito senza esito un espansore. (Non fece causa alla Pepsi Cola per cui girava lo spot ma devolse un milione e mezzo di dollari ricevuti come indennizzo all’ospedale per ustionati dove era stato curato).

Altra patologia cutanea di cui Jackson soffriva era il Lupus Eritematoso discoide, che gli impediva l’esposizione prolungata al sole e per cui fu a lungo trattato con corticosteroidi che gli conferirono la classica faccia “lunare”, e che gli provocò diverse lesioni patologiche sul volto. In particolare al naso, che secondo i giornali dell’epoca sarebbe stato operato decine di volte per raggiungere il risultato estetico sperato.
I suoi cambiamenti fisici nel tempo non sarebbero stati quindi la conseguenza di una dismorfofobia di cui si è sempre pensato che il cantante soffrisse, ma di una serie di esiti e problemi reali legati sia all’acne che alla vitiligine e al lupus che lo portarono a perdere i capelli, a eruzioni e alle ricordate lesioni cutanee.
Per questo, dopo aver tentato di ripigmentare la propria pelle, Jackson si fece tatuare di scuro ciglia, sopracciglia e cuoio capelluto. Quello che più lo infastidiva, però, era proprio la rara e acuta forma di vitiligine che gli fu diagnosticata nel 1984 cui faceva riscontro la falsa notizia che la causa dello sbiancamento della sua pelle fosse di natura volontaria e chirurgica.

A lungo considerata una malattia autoimmune, la patogenesi della vitiligine è ben conosciuta: il sistema immunitario attacca i melanociti, considerandoli corpi estranei all’organismo, alterando così la formazione della melatonina e in ultima analisi la pigmentazione dell’epidermide. Ciò che resta ancora da spiegare in parte sono però le cause che provocano la malattia stessa.

Certamente in circa il 30% dei casi c’entra la genetica, cosa che potrebbe spiegare perché nei bambini, dove è abbastanza rara, può esistere un’associazione fra vitiligine e altre patologie cutanee fra cui soprattutto dermatite atopica, alopecia areata e psoriasi. Va però tenuto presente anche qualcosa simile al fenomeno di Koebner per cui le macchie comparirebbero in aree cutanee sottoposte a traumi. Il fattore di disturbo capace di alterare il normale funzionamento dei melanociti sarebbe una proteina riscontrabile di norma solo nei melanomi in fase metastatica recentemente identificato anche nella cute dei pazienti affetti da vitiligine (Melanoma Inhibitory Activity) e in grado di staccare il melanocita dal suo appoggio nel derma, causandone l’esternalizzazione in superficie e la perdita definitiva.
Altri fattori scatenanti possono essere alcuni farmaci, alterazioni ormonali, ma anche stress emotivi, traumi psichici, forti emozioni, conflitti psicologici che influenzano la determinazione dell’esordio della vitiligine e l’andamento del suo decorso nei soggetti predisposti. C’è inoltre l’ipotesi che esista una stretta correlazione fra questa malattia autoimmune e gravi stati depressivi e ansiosi.
La componente psicosomatica della malattia, potrebbe essere funzionale al paziente risparmiandogli possibili turbe psichiche più gravi. In altre parole, inconsciamente, il malato sceglie il male minore della vitiligine invece di una grave depressione.
La rivista Riza Psicosomatica avanza poi un’ipotesi alquanto sconcertante: il disturbo potrebbe essere visto come il tentativo di cambiare pelle, ma anche di ripulirsi, di purificarsi. Esposta al sole, curiosamente, anziché scurirsi la pelle schiarisce, come a rappresentare il senso di colpa. Il rifiuto della colorazione scura rappresenterebbe la base del desiderio di riappropriarsi di un candore virginale o infantile.

Vero o falso che sia, quello che è certo è che la qualità della vita dei malati di vitiligine è condizionata da significative forme di stress sia psicologico che sociale, con disturbi emozionali come imbarazzo, rabbia, preoccupazione e frustrazione. Diminuisce anche l’autostima perché la malattia è considerata sfigurante o comunque intollerabile e ciò ha un profondo effetto sulla vita quotidiana di chiunque. Tanto più quando a esserne colpita fu una star come Michael Jackson, che ancor oggi può rappresentare agli occhi del mondo il massimo dell’eccellenza musicale ma anche l’esempio di un uomo non in grado di accettarsi fino in fondo per il proprio aspetto.

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